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SITO IN COSTRUZIONE a cura di valter piccione

Il paese dei portoni

Frugarolo è stato definito il paese dei portoni. La definizione è dei nostri confinanti e ha un significato
non propriamente positivo che, anzi, manifesta un pizzico di malcelata invidia.
I confinanti – diciamo Mandrogni – erano “nomadi”,
per ragioni ataviche, addirittura genetiche:
privilegiavano il commercio – un tempo, anche minuto commercio – rispetto all’ agricoltura
che non consideravano; amavano i cavalli, congeniali al nomadismo, rispetto ai bovini, animali
stanziali, da lavori pesanti; erano inclini a
una urbanistica “aperta”, senza recinzioni, cortili
che si addentravano in altri cortili, secondo uno
schema molto affine alla casba.
Il portone, secondo una loro logica, era simbolo
di chiusura, di separatezza, di individualismo, in
ultima analisi, di spocchiosa autosufficienza, di
conservatorismo. Tutti elementi contrari al loro
senso di libertà, di autonomia, di evolutismo.
Ovviamente, per noi, il portone era tutt’altra
cosa. Per noi, era un “blasone”. Purtroppo è indispensabile
parlare al passato, perché, oggigiorno,
sono completamente cambiate – come
vedremo – le condizioni e i rapporti di vita, soggettiva
e collettiva.
Il portone era simbolo di sicurezza: non solo sicurezza
fisica, materiale, ma, soprattutto, sicurezza
economica, stabilità, certezza in determinati
valori come la famiglia, il lavoro, la dignità, l’autonomia,
l’essere “se stessi” nei confronti degli
altri e non contro gli altri. Insomma, individualismo,
affermazione dell’individuo, ma non egoismo,
egocentrismo, asocialità.
Trovo ingiustificate certe qualifiche affibiate ai
frugarolesi – Anvidius o Antiquari – nel senso
di conservatori – dir Friarò.
Penso che tali definizioni siano una conseguenza
della definizione d’origine – quella aberrante
– di “paese dei portoni”.
Dino Molinari


Frugarolo (tramonto)

un po' di storia

Nascere a Frugarolo – ho scritto tempo fa, e lo
riscrivo – non è solo un dato anagrafico, ma è un
segno del destino.
Si nasceva – è necessario, ripeto, parlare al passato
– con un’impronta specifica, perché Frugarolo
aveva sue connotazioni precise, aveva una sua
individualità definita e inalienabile. Oggi, purtroppo,
tali specificità si sono attenuate, se non
dissolte, praticamente trasformandosi, come la
quasi totalità dei paesi, in un dormitorio.
Frugarolo aveva una caratterizzazione economica
(agricoltura, artigianato), religiosa (Chiesa
parrocchiale con titolo ab antiquo di Arcipretura,
due Confraternite, uno scandito e osservato
calendario liturgico), sociale (due Società di mutuo
soccorso, entrambe attive).
Non mancavano i professionisti (medici, notai, avvocati,
ingegneri, insegnanti, geometri, molti dei
quali avevano usufruito delle borse di studio istituite
da Pio V e dai Capriata), erano presenti gli
artisti (pittori: Lorenzo Trotti Bentivoglio, Angelo
Michele Benzi, Pio Lago, Germano Buzzi, Paolo Lorenzotti);
fotografi (Carlo Cassinelli, lo stesso Trotti)
: esisteva anche uno storico (Giovanni Patria).
Due precedenti preziosi, riferiti dallo storico
stesso: Manfredo Baglione, metà del XV sec., autore
di scritti latini, in prosa e in poesia, quali
“Odi e inni ad imitazione di Orazio”, “Interpretazioni
del poeta Persio”; Agostinino Baglione, “assai
dotto nell’arte medica”, scelto dal Ghislieri, allora cardinale, come proprio medico e, successivamente,
1569, nominato vescovo di Alessandria,
fino alla morte, 1571.
Dino Molinari

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IR PURTÒEN D'GIUGÉN E RA CA DIR MEISTRI MULINARI

IR PURTÒEN D'GIUGÉN E RA CA DIR MEISTRI MULINARI
Mantelli Domenico (Giugen), Garibaldino (ovviamente) valoroso. Attualmente famiglia Torre. Via Baglione. Portone conservato, di originario luminoso tono grigio/ azzurro. Sopra l’arco, una piccola lapide recita: “Villa voriesco / ti chiamerò / perché Mantelli Domenico /il 24 luglio 1888 / ti fabbricò”. “Voriesco” sta per “voglio e riesco”, a riprova della determinazione del Mantelli. In prospettiva, a destra: la casa del maestro Giuseppe Ernesto Molinari (ir meistri ‘d Poldu), ora di Iose e Dino Molinari. In successione: il muro di cinta in mattoni della villa Scarzella. Olio su tela, 35x50 cm. Firmato in basso a sinistra.
Da ricordare ancora altri esempi che rivestono
particolare interesse, o curiosità, o suggestione:
nella Fondia, il portone di “Villa Voriesco” (vedi rappresentazione sopra): “Villa
Voriesco / ti chiamerò / perché Mantelli Domenico
/ il 24 luglio 1888 / ti fabbricò”. Mantelli
Domenico era il mitico “Giugen” e la Villa era il
suo capolavoro. Ho conosciuto “Giugen” quasi
centenario: ha lasciato una traccia ben precisa
nella mia memoria infantile per l’insolita consuetudine
di applicarsi, a scopo terapeutico, sanguisughe
dietro il padiglione delle orecchie
Dino Molinari

Il portone di Sandra

Il portone di Sandra
Patria Alessandro (Sandren u delegà), Patria Alberto (Bertu ir campé). Attualmente Patria Alessandra (Sandra). Via della Libertà. Debitamente restaurato. Al fondo della via, la decadente costruzione del mulino ad acqua, di proprietà del comune di Bosco Marengo. Non è più visibile la grande ruota metallica che, azionata dall’acqua della roggia, ora coperta, metteva in moto i congegni del mulino. Olio su tela, 40x50 cm. Firmato in basso a destra. Collezione privata.

Il portone di Giotu

Il portone di Giotu
Gho Luigi Giotto (Giotu). Ora Gho Rita. Via S. Pio V. Accanto, la porticina del negozio di alimentari, con forno, gestito dallo stesso Giotto e moglie. Personaggio mitico, suonava altresì un enorme trombone nella banda di Frugarolo, nelle varie occorrenze e, in particolar modo, nelle feste patronali. Sullo sfondo, il cancello d’ingresso di villa Cassinelli e casa del custode/giardiniere. Olio su tela, 35x45 cm. Firmato in basso. Collezione privata

Il portone di Tonelli

Il portone di Tonelli
Tonelli Natale (ir Pièru). Ora famiglia Santi Lorenzo. Vicolo Malvicino, angolo via Roma. Esempio di portone povero allo stato originale. Olio su tela, 40x50 cm. Firmato in basso a destra.

Bellingeri Paolo e Delfina. Ora Gatti Cormaio Tina Paola. Via Capriata. Portone quadrato, senza cornice in mattoni. Restaurato. È in legno, solidamente costrutto, con elementi verticali e orizzontali altrettanto ben combinati. Sullo sfondo, è visibile il cancello (ex/portone) di Governa Ernesto (Ernestu ‘d Mideu), ora famiglia Biancardi. Olio su tela, 50x40 cm, Firmato in basso al centro. Collezione privata

Polastri Edoardo (Duardu u naz: aveva il naso come il vomere di un aratro) e Rosalinda Martini (Risuleya). Ora Quattrocchio Laura e Vittorio. Via Villanova. In fondo è visibile il portone di Valdenassi Francesco (Cicu) e Valdenassi Carlo. Fruiscono anche di un ingresso pedonale (portoncino con tre gradini) da via della Libertà, in prossimità del ciclista Spinelli, poi Massolo, quasi di fronte al laboratorio di Aprile Giovanni (Giuan’d’Avrì, calzolaio) e al cancello di Lume Luigia (Uigia dir Campé). Olio su tela, 30x40 cm. Firmato in basso al centro.

Polastri Guglielmo (u sciur Guglielmu). Ora architetto Polastri Guglielmino, Genova. Via Montebello. Il portone – principale, in quanto il secondario è in via Mantelli – non ha mai subito interventi di restauro, si presenta pertanto in condizioni primitive, conservando le patine originali. In casa Polastri hanno soggiornato, agli inizi del secolo scorso, il marchese Lorenzo Trotti Bentivoglio e Angela Benzi, fidanzata, in attesa che Giuseppe Torti consegnasse loro, ultimata, “Villa Nova” (1905) in regione Gavonata. Olio su juta, 60x90 cm. Firmato in basso a destra.

La casa a corte. Il portone

La casa a corte, unità abitativo/lavorativa, caratteristica
della Fraschetta – talora diffusa anche
nelle regioni a centuriazione romana – è l’elemento fondante della architettura agricolo/
contadina di Frugarolo, in parallelismo ma, più frequentamente, in contrapposizione con la casa a schiera.
La casa a corte è caratterizzata da un nucleo a recinto, quadrangolare, chiuso rispetto all’esterno,
in grado di autogestirsi.
Va subito premesso che l’unica via di comunicazione
con i luoghi di pubblico utilizzo è il portone – con annesso portoncino per uso pedonale.
Il portone era ermeticamente serrato: si apriva
e si chiudeva per l’uscita dei carri che si recavano al lavoro, si apriva e si chiudeva per il rientro dei carri che tornavano dal lavoro,
si apriva e si chiudeva in altre rare circostanze:
per i matrimoni, per i battesimi, per i funerali.
Il portone era di legno – talora anche pregiato
– era sorretto da cardini infissi nei robusti pilastri in mattoni portanti, coronati in alto da un arco perfetto, sempre in mattoni, orgoglio dell’abilità dei nostri capimastri –
macché architetti! dov’erano gli architetti?
Erano grandi, medi, piccoli, secondo le possibilità
economiche del proprietario e della famiglia. Erano, pertanto, anche un segno di distinzione, di valutazione di merito.
All’interno della corte, si allineavano sul lato frontale: la casa padronale (due o tre piani), una o più “celle” abitative per eventuali dipendenti,
le stalle, per bovini e cavalli, a pian terreno,
sormontate da portici con la riserva per l’alimentazione diretta degli animali.
Al centro, l’aia, mantenuta libera, con pozzo, abbeveratoi e letamaia.
Sugli altri tre lati periferici erano disposti ancora
portici per immagazzinare i raccolti (cereali
in attesa di trebbiatura, fieno in attesa di vendita: l’acquirente privilegiato era il Regio Esercito), infine, gli spazi per mettere a riparo i carri, le macchine, gli altri attrezzi di lavoro.
Dino Molinari

Il portone di Cicu

Il portone di Cicu
Valdenassi Francesco (Cicu ‘d Valdnass). Maria Giuseppina Valdenassi. Ora Bastianino Francesco. Valdenassi Carlo, Valdenassi Angela. Attualmente Tacchino Gian Carla. Via Villanova. Il quadro ha una particolarità: è l’unico dipinto in cui compare una figura umana nella silhouette di giovane donna con borsa e in abito estivo. Esistono due ingressi pedonali da via della Libertà. Olio su tela, 40x50 cm. Firmato a destra verso il centro.
I portoni di Dino sono deserti. Tranne uno, singolare,
singolarissima eccezione (vedi rappresentazione sopra).
Si tratta di un bel portone antico, restaurato, in
via Villanova. S’illumina della luce di una figurina
femminile estiva, luce d’aurora, luce dell’est. La
presenza della silhouette, statica, netta, silente, ha la valenza di un presagio, di una indicazione
profetica: “Se si chiude una porta, ti si aprirà un
portone”. Il quadro s’impone per la sua assoluta
unicità e per tutti i suoi misteriosi significati
impliciti.
L’artista ha raggiunto una sintesi d’immagine, colore,
tono, luce – esterna e radente, interiore e
riverberante.
Dino Molinari


Laguzzi Giovanni (Giuan u russ, figlio dra Russa). Attualmente Legnaro Mariella. Vicolo anonimo, da via XI Febbraio. Ben conservato, il portone è stato decorosamente restaurato, portato a legno. La cornice ad arco è in mattoni a vista. Olio su tela, 35x45 cm. Firmato in basso al centro.

Famiglia Valdenassi. Cesare, Mario e Adele (Cesare, Mariu e Dele ‘d Toni). Giulietto Valdenassi. Ora Gatti Martina. Via Roma. Il portone è reso nella versione anteriore al restauro. Molto simile, anzi gemello, a quello di Bidone: parte superiore a semicerchio, raggiato; parte inferiore a elementi strutturati orizzontalmente. Di colore verde/azzurro tonale. Dopo il restauro è di color legno naturale, scurito con impregnante e cera. A differenza del portone di Bidone, di legno povero (pioppo), è di materiale pregiato (larice). Olio su tela, 40x70 cm. Firmato e datato in basso a destra. Collezione privata Casa

IR PURTÒEN D'FRERA E RA PURTEN-NA DIR SCOERI

IR PURTÒEN D'FRERA E RA PURTEN-NA DIR SCOERI
Casa Canonica Capriata. Can. Capriata Marcantonio. Don Capriata Giorgio. Ing. Scavia Giuseppe. Scavia Frera Graziella. Vicolo Governa Alberto, da via Gramsci. Il portone è di casa Scavia, dotata anche di ampio cancello d’ingresso da via Capriata. Il vicolo con relativo portoncino (ora sostituito da un dozzinale cancello di metallo), serviva da accesso secondario all’Asilo Infantile e alle Scuole Elementari. Anticamente un cancello su strada precludeva l’ingresso al pubblico. Durante la festa patronale di S. Felice il vicolo veniva usato da Patria Gioacchino come deposito per motociclette e biciclette. Olio su tela, 40x30 cm. Firmato e datato in basso al centro.

Casa Canonica. Vicolo anonimo, da piazza San Felice. A sinistra, palazzo comunale (retro). A destra, casa Valdenassi. Il portone si presenta alquanto disastrato perché fatto oggetto di atti vandalici. Fu debitamente restaurato in occasione della traslazione della salma del Cardinale Alberto Bovone dal cimitero alla Parrocchiale. Olio su tela, 30x40 cm. Firmato in basso a destra.

Patria Giuseppe. Sorelle Patria (ir Papoti, altresì cui d’Angelica), fra cui Patria Carla, insegnante. Ora Rangone Maria Iose. Vicolo del Carmine, da via Villanova. È stato uno dei primi portoni – se non il primo – a essere restaurato, restauro degno di un pregiato mobile antico. Portato a legno, è stato trattato con impregnanti e cera. Subisce frequenti interventi di manutenzione. È da portare ad esempio a tutti i possessori di portoni. Tonelli Maria (Maria ‘d Duminichen). Attualmente Piccardo Maria Alice e Pier Anna. Vicolo del Carmine, da via Villanova. In prossimità del portone di Patria Giuseppe. Egualmente e precocemente ripristinato e restaurato, esempio di sentita frugarolesità. Olio su tela, 30x40 cm. Firmato in basso al centro.

Morandi Tommaso (Tumas ‘d Stivulen). Attualmente Falleti Rocco. Via Montebello. Portone portato a legno e finemente restaurato. Olio su tela, 60x40 cm. Firmato in basso a destra.

Patrimonio da salvare

Affine idea – progetto o ipotesi – sui portoni è
passata, autonomamente e parallelamente, all’altro
Dino - “si vis pacem, Scarabellum” - il quale, da uomo dell’immagine o immaginifico qual’è, ha iniziato un suo censimento che teneva conto, più che di discorsi, di rappresentazioni reali. La
sua vorrebbe essere (anche) una testimonianza
viva, visiva, da lasciare in eredità alle generazioni
future, soprattutto quando il portone sarà una
semplice pallida traccia della memoria, e quelle
generazioni a venire se la ritroveranno documentata
solo sulla tela.
Il degrado dei portoni è impressionante: si calcola
con Dino – l’ alter ego - che in origine fossero
circa 130/140. Oggi se ne contano una settantina,
con una perdita del 50%. Tale degrado si è
verificato dal dopoguerra a oggi. Fino alla guerra
può dirsi che la storia si sia fermata, che le varie
situazioni di vita e di cultura siano rimaste
pressoché immutate. Solo dagli anni cinquanta a
oggi tutto si è evoluto – o involuto – provocando
le infinite mutazioni che hanno sconvolto il
secolo, nel bene e nel male.
L’operazione “D & D”, nata precipuamente per
focalizzare la questione dei portoni, ha ampliato
il proprio raggio d’azione: storia e storie, personaggi
e persone, Fruges/Fruges da sondare nelle
sue molteplici stratificazioni – quasi una geologia
– vissute con diversa presenza e intensità dai
due “contraenti”.
Ma soprattutto l’operazione si è concentrata sul
discorso della pittura, in quanto lo Scarabello
– non va dimenticato – ci mette, sì, le immagini,
ma le immagini sono quadri e i quadri sono
pittura.
D.M.

Vasone Clemente (Clement) e fratello. Ora Battezzati Candida. Viale della stazione, più esattamente via Cesare Battisti. Il portone, nella metà superiore maggiormente protetta, ancora conserva, se pure sbiadito, il colore originale, di un bel tono grigio/azzurro, nella metà inferiore a minore protezione è di incerto color legno. Olio su tela, 40x50 cm. Firmato in basso a destra.

Il paese com'era (da una foto dell'epoca)

Il paese com'era (da una foto dell'epoca)
Gatti Vincenzo (Cönta). Attualmente Gatti Domenico. Via Giacomo Matteotti, già via Vincenzo Alferano. Notare il portone notevolmente sconnesso, costruito con assi disposti orizzontalmente, nella metà inferiore, verticalmente, nella metà superiore. In prospettiva, a destra: Palazzo residenziale e rustico della “munifica” Marietta Visconti, lasciati con disposizione testamentaria al Comune di Frugarolo per farne sede di Asilo infantile e Scuola elementare. A sinistra: Mulino e abitazione Bianchi. Sullo sfondo: via San Rocco. L’immagine è tratta da una fotografia d’epoca, scattata verosimilmente da Carlo Cassinelli. Attualmente questo scorcio di paese è totalmente modificato in senso peggiorativo: il dignitoso complesso “Visconti” è stato demolito – anziché essere debitamente restaurato – per far posto agli attuali anonimi e insignificanti edifici scolastici. Olio su tela, 40x60 cm. Firmato in basso a destra.

Lago Giacomo (Jacmen ‘d Crusten), Col. Lago Pio (ir Culunel), Lago Palmino Pio (olimpionico di canottaggio), Lago Andrea Paolo (Paulen ‘d Crusten), Lago Teresio Franco. Ora Lago Alessandra. Via Alessandria. Jacmen occupava tutta la zona rurale (casa colonica, aia, stalla, portici, orto/frutteto/giardino, secolare gelso con chiquè e barlochi, fin contro la ferrovia). L’esteso complesso era scherzosamente definito “Crostinopoli” da Teresio Franco, il “professore”, cattedratico di Patologia Chirurgica a Pavia. Grandioso, persino solenne, pur nella sua rusticità, l’ingresso con portone annesso a costruzione in mattoni e “trunera”, pile e arco perfetto che io amavo definire la “cattedrale”, ora demolito e sostituito con una soluzione elegante ma in tono minore: al posto del portone imponente attualmente esiste un cancello brunito. Lago Pio, Colonnello di fanteria, iniziò la carriera militare durante la prima guerra di Libia: a lui va il merito della sontuosa villa liberty con fregio al culmine della facciata dallo stesso decorato con pittura murale a carattere allegorico/ sociale commentata dal motto: Ars et labor in fortitudine. Lago Pio era dunque pittore e, altresì, scrittore, poeta (“Il Poema Trionfale”, sulla conquista libica) e conferenziere. Olio su tela, 40x50 cm. Firmato in basso a destra.

Colombo Alessandro (Sandru ‘d Culumbu). Colombo Armando. Ora Ing. Colombo Paolo. Via Montebello. Portone secondario di casa Colombo, in prossimità dell’ingresso del Pamparden (via San Carlo), abbastanza conservato nel suo colore originario, antica e gradevole presenza nella cornice – pilastri e arco – in cotto. Simile a quello sito in Piazza San Felice (Caterina ra Puten-na), ora sostituito. Olio su tela, 30x45 cm. Firmato e datato in basso a destra

Il portoncino della farmacia

Il portoncino della farmacia
Laguzzi Edmondo (Mundu). Molà Taccagni Fiorenza. Piazza Vittorio Veneto. Portoncino della dipendenza della farmacia, prima del recente restauro. In prospettiva la piccola strada – vicolo del Recinto – che sfocia in Piazza San Felice, mantiene ancora un’aura antica e nostalgica. È in corso una discutibile selciatura in cubetti di pseudo/porfido. Olio su tela, 40x60 cm. Firmato e datato in basso a destra.

C'era una volta...

C'era una volta...
Caterina Patria (Caterina ra Puten-na) Piazza San Felice. Non più esistente, sia il portone, allo stato originario, sia la pur bella costruzione (pile e arco) in mattoni a vista. Compare purtroppo l’obbrobrio (perenne) del nuovo campanile. Attualmente un anonimo cancello in metallo zincato ha sostituito il bel portone in legno. Olio su tela, 50x40 cm. Firmato in basso a destra.

Portoni in ombra

Portoni in ombra
Governa Alessandro. Governa Giovanni. Governa Carmela e Francesca. Grillo Ornella. Ora Buzzi Germano. Fossati Giuseppe (Bibi). Fossati Guglielmo (Memu). Attualmente Fossati Paolo e Carmen. Vicolo anonimo, da via S. Pio V. Il portone Governa è poco illuminato, perché costantemente in ombra, per cui difficilmente fotografabile. Solo il portone Fossati ha periodi nei quali è soleggiato. Vista parziale del cancello (a sinistra) di Fimalaria – personaggio caratteristico che non poteva passare inosservato: sempre seduto sui gradini di casa, giorno e notte, era affetto da grave enfisema polmonare, per cui respirava con la bocca costantemente aperta come se fumasse l’aria. Olio su tela, 40x50 cm. Firmato in basso al centro.

Col. Migliazzi Angelo, eredi Polastri, Calvi Gino, Salesiani. Ora Falleti Salvatore. Dardano Andrea, Dardano Giuseppe. Attualmente Piva – Lessio. Vicolo privato Sacro Cuore, da via Montebello. Il portone di fronte, sole/ombra, è di Migliazzi; il portone a destra, più scuro, è di Dardano. Le due residenze hanno un ingresso anche da via Villanova: prestigioso quello di Migliazzi (portone riccamente decorato), più modesto quello di Dardano (normale porta d’ingresso). Migliazzi Angelo, pluridecorato, partecipò a tutte le guerre d’Indipendenza e alla guerra di Crimea. Le numerose decorazioni sono conservate nella Casa di Riposo di Frugarolo. Olio su tela, 60x40 cm. Firmato in basso a destra.

Il portone di Gemma ra Pidrola

Il portone di Gemma ra Pidrola
Tonelli Giuseppina (Gemma ra Pidrola). Rapetti Rosa. Fara Eugenio (Gianu). Ora Fara Giovanni (Puten). Cuntraiö dra Pidrola, da via G. Matteotti. I due portoni si differenziano perché uno (ra Pridola) è allo stadio originario, alquanto dismesso, l’altro (Gianu) è smaltato di verde. A sinistra, il muro di mattoni e “trunera” della casa di Giuseppe Masini - vigile del fuoco, alias pompiere - padre di Ebe e di Elda (ir Curzetti). La casa nel 1951 è stata acquistata da Della Valle Quinto Cesare (u siur Cesare), farmacista. Ora Staltari Francesco. Di recente il portone in legno dra Pidrola è stato sostituito da un volgare cancello in metallo zincato. Olio su tela, 30x45 cm. Firmato e datato in basso a sinistra.

Polastri Guglielmo (u sciur Guglielmu). Ora architetto Polastri Guglielmino, Genova. Via Mantelli. Da non confondere con quello di via Montebello, ingresso principale. Portato a legno dall’usura del tempo, dal sole e dalle intemperie, con un bell’effetto di materia, di secchezza e di scabrosità. Olio su tela, 35x45 cm. Firmato in basso a destra.

Gualchi Carlo Andrea, Lago Teresina vedova Discalzi (Teresina ‘d Crusten). Montaldi Guglielmo (Memu ‘d Muntoud), ora Montaldi Giovanna. Vicolo anonimo, da via G. Matteotti. Il portone di legno brunito è di Gualchi, il portone verde smaltato è di Montaldi. Per Gualchi esiste accesso anche da via Montebello (analogo portone), per Montaldi da via G. Matteotti (porticina pedonale). Olio su tela, 45x30 cm. Firmato in basso sinistra.

Gatti Pasquale (Pasqual ‘d Gatt). Bidone Luigi (Gigi ‘d Bidön), Bidone Giancarlo. Via G. Matteotti. Il portone, in cattivo stato di conservazione, è una preziosa testimonianza di cos’era all’epoca un “vero” portone. Gemello del portone Valdenassi/Gatti di via Roma, presenta identici disegno e struttura, identico colore tonalmente impreziosito. La coincidenza fa verosimilmente presumere che siano entrambi opera dello stesso artefice – artigiano/artista, faber/ artifex. È in legno più povero (pioppo), a differenza del gemello realizzato in larice. Olio su tela, 50x60 cm. Firmato in basso a destra.

Gatti Clemente (Menten), Bisagni Giuseppina (Pipina) – genitori di Gatti Agostino e Innocenzo. Ora Gatti Agostino. Via Giacomo Matteotti. Il portone è costruito essenzialmente con elementi verticali. Il colore uniformemente sbiadito è di un bel verde tonale. Sovrasta, non di certo garbatamente, il serbatoio dell’acqua potabile. Olio su tela, 40x50 cm. Firmato in basso. Collezione privata

I portoni di via Villanova

I portoni di via Villanova
Borghi Nino e Fermo (nipoti per via materna di Giuseppe Pravettoni). Attualmente famiglia Raccosta. Via Villanova. In prossimità del cancello di villa Rebuffetti, in successione Vasone Aristide. Ora Prosperi Agnese. Quasi di fronte al portone d’onore Migliazzi. Usufruiscono di un ingresso pedonale da via della Libertà. Olio su tela, 40x50 cm. Firmato in basso al centro.

Portoni "rifatti"

Portoni "rifatti"
Maranzana Giovanni (Giuani ‘d Toni). Ora Pellizzari e Fornasiero. Tonelli Lanfranco (in antico, Dott. Ferdinando Caselli, medico condotto). Valdenassi Francesco (Cicu) e Valdenassi Carlo. Via Villanova. Il primo portone è stato rifatto ex/novo, gli altri di recente debitamente restaurati. Olio su tela, 60x100 cm. Firmato in basso a destra.

Portoni " squadrati "

Portoni " squadrati "
Valdenassi Edoardo con i figli: Angelo, Luigi, Ernesto, Guglielmo. Valdenassi Ernesto emigrò in Argentina e morì a La Paz. Successivamente: Famiglia Goglino, Goglino Giuseppe, Pellicani Fausto. Attualmente Pagella Carla e Pellicani Silvia. Via G. Matteotti. Il portone - recentemente restaurato con rigore – è stato squadrato in alto, per consentire la costruzione di una camera soprastante. Olio su tela, 40x60 cm. Firmato in basso a destra.

Governa Carlo (Carlu ‘d Pidrinèt). Ora Governa Gian Battista. Vicolo anonimo, da via della Libertà. In buono stato di conservazione, il portone è colorato di verde, incastonato in cornice di muratura intonacata e arco in mattoni a vista. È frequente la ricerca del pittore di ritrarre l’oggetto in determinata ora di sole in modo da poter sfruttare il gioco dialettico della luce e dell’ombra, onde ricavarne interessanti effetti pittorico/tonali. Olio su tela, 35x50 cm. Firmato in basso a destra.

I portoni di Bosco Marengo

I portoni di Bosco Marengo
N. H. Avv. Calleri Gamondi Paolo. Attualmente Dr. Gambarotta. Prasca Gino. Ristorante/albergo Pio V. Bosco Marengo, vicolo Calleri Gamondi. Il portone a destra – Calleri/Gambarotta – è monumentale nella sua cornice di mattoni elegante e austera. Ben conservato nella sua patina d’epoca, ostenta a buon diritto le sue origini aristocratiche. Il portone di fronte – Prasca/Pio V – più rustico e sconnesso, lasciato al suo destino di intemperie, oscurato dall’età e dagli impregnanti, è pur sempre una significativa, dignitosa testimonianza. Olio su tela, 60x40 cm. Firmato in basso a sinistra.

Sorelle Polastri, Oreste Bovone (Genius loci). Bosco Marengo, piazza Castelvecchio. Immagine panoramica comprendente anche la casa natale del pontefice Pio V (Antonio Michele Ghislieri), con caratteristico portoncino. A destra, in prospettiva, il vicolo e la torre campanaria in stile romanico della chiesa parrocchiale di San Pietro e San Pantaleone. Olio su tela, 40x100 cm. Firmato in basso a destra.

Santa Croce - Bosco Marengo

Santa Croce - Bosco Marengo
Convento e Chiesa di Santa Croce. Bosco Marengo. Il portone, bisognoso di restauro, immette nell’orto/giardino dell’attuale residenza dei custodi, signori Nonni. Olio su tela, 50x40 cm. Firmato in basso a destra.

Ing. Pelli Victor Hugo, Pelli Carlo e Teri Barozzi. Attualmente Pelli Vittorio. Bosco Marengo, via Garibaldi. Il portone si presenta nelle condizioni originali. Notare l’abbondante vegetazione da cui è circondato e adornato. Olio su tela, 40x50 cm. Firmato in basso a destra.

Epilogo

Dopo un temporale dirompente, decisamente
primotempale, mi accorgo dello sbocciare improvviso
della magnolia da fiore, bianca, di candido
candore, a rievocare l’ancor recente lucore
nivale. Miracolo del giardino tardo/invernale, miracolo da aggiungere a miracolo, dalla magnolia
di recentissima fioritura alle corolle aperte, beanti, delicatamente tinte di bianco/rosato degli
ellebori di già sotto la neve.
Prepariamoci a una stagione di intima inquietudine,
non immune dai rischi dell’obnubilamento,
della “grande ombra” incombente.
Cielo notturno. Ormai profondamente notturno, lucido, lucido e notturno, con stelle, miriade di
stelle, galassie di stelle.
Non ricordavo un cielo di stelle siffatto.
Fruges/Fruges. 30.III.’010
Dino Molinari